sabato 29 settembre 2012

Alla corsara 6 - Parole come pietre

Ferve un vivace dibattito sulla condanna al direttore di Libero, Alessandro Sallusti, per diffamazione a mezzo stampa. O meglio, per aver consentito a pubblicare un articolo sotto pseudonimo di un manigoldo - bella la lingua alla Dumas, a volte! - contro un giudice impegnato in un caso di aborto. Il manigoldo in questione è Renato Farina, alias Betulla, sgherro dei servizi segreti deviati - cerco ancora di capire quali siano quelli retti... - radiato dall'ordine dei giornalisti e specialista dell'assemblaggio di dossier falsi, pratica che il discorso corrente denomina "macchina del fango". Per il caso si invoca la libertà di parola...

Cercando di tenere a bada la rabbia, faccio notare che si tratta di un altro esempio della ripetizione meccanica di certi modelli di pensiero e schemi di comprensione del mondo che ci sta portando a perdere gran parte del terreno che il genere umano era riuscito bene o male a coprire. La fissazione aut/aut spinge a ragionare in termini di "sempre" e "mai", non di "qualche volta". E il delirio antiregolativo che vede ogni limite come un affronto - pur portando a un proliferare canceroso di regole e regolette veramente esasperante - propende per il "sempre". La semplice e scomoda domanda che viene spontanea è: perché? Perché dovrebbe essere consentito a pennivendoli senza scrupoli di dire tutto ciò che passa loro per la testa senza conseguenze? In nome della libertà di pensiero? MA PER FAVORE! Pensare non è semplicemente scrivere parole una dopo l'altra e sarebbe il caso di cominciare a puntualizzarlo. E l'idea che tra pensiero e agire non ci siano correlazioni e quindi conseguenze e possibili sanzioni è un altro aspetto velenoso del lascito cartesiano.

Inoltre, i termini di quel dibattito risalgono a un tempo in cui esisteva l'idea di dignità e l'esprimere un giudizio difforme da quello del potere poteva portare veramente alla morte, all'esilio o alla prigionia. E chi tali giudizi formulava era pronto a farsene carico anche a prezzi altissimi. Non certo un anno e spicci, che al direttore di Libero potrebbero servire per riflettere sulla qualità umana - in generale, non soltanto del giornalista, anche se questo ha armi ben diverse dal cittadino privo di accesso ai media - quando non costituissero con ogni probabilità la base di libri e memorie altrettanto falsi e tendenziosi con le quali l'essere in questione si potrebbe far ricco. Già immagino l'editore... Come spesso accade, mantenere le facciate e cambiare i contenuti è comodo, soprattutto per chi ha un'inesistente dimensione etico-morale. Sulla scorta di una sacrosanta conquista, sacrosanta in un tempo e in un luogo, un altro tempo e un altro luogo, tristemente diversi, rivendicano il diritto a comportamenti che quell'altro tempo avrebbe punito con vigore e sdegno. E svuotano lo strumento della parola, uno dei più raffinati e complessi tra quelli a nostra disposizione, di qualunque efficacia. La logica dell'annuncio a vuoto, la smentita contro ogni evidenza, l'arroganza maniacale di buona parte della classe politica vengono da qui, dall'incapacità all'autocritica e alla revisione di un'intera cultura. Che in nome di un simulacro è disposta a difendere l'indifendibile piuttosto che immaginare limiti e punizioni per chi quel simulacro svilisce con l'opera quotidiana.