venerdì 27 aprile 2012

Alla corsara 4 - Antipolitica?

Stavo per rimettere una foto del trio ABC quando mi sono accorto che già l'avevo usata per il post scorso e mi è venuta l'ansia :) Così ho optato per questa accanto che spiega parecchio di ciò che volevo dire già di suo. Di recente si sente parlare molto di antipolitica, come accade di regola nei momenti in cui le forme coralline con le quali abbiamo di solito a che fare mostrano con più evidenza la loro senescenza pericolante. Qual è quindi la loro manovra di salvataggio? Identificarsi con l'idea di politica, così da delegittimare tutto quel che con loro non ha a che vedere. Politica però è qualcos'altro. La rabbia che porta all'associazione e alla critica. Il coraggio di promuovere una nuova visione della forma dello stato e dei valori che ne sono a fondamento. Il coraggio, ancora, di criticare le distorsioni che le Forme abbandonate dalla Vita che oggi ingombrano il campo non possono evitare di produrre, con le connesse posizioni di privilegio, cecità selettive e spiacevoli fissazioni a identificare il proprio misero interesse con la missione generale. Oggi poi è politica anche il semplice rifiuto. E' piuttosto facile chiedere critiche costruttive quando nessuno sa cosa sta succedendo e quelli che hanno qualche idea in proposito sono tenuti attentamente ai margini. E' facile e sicuro, perché le soluzioni preconfezionate non ci sono e nel mentre che si cerca di scovarle tutto rimane tale e quale.

E' abbastanza ovvio che in una situazione del genere la demagogia trovi ampio spazio. Il problema è forse che mi pare che sia uno spazio che ha già occupato da tempo - a occhio direi vent'anni, se non ricordo male - e che scoprirlo ora lascia un po' il tempo che prova. Oggi dobbiamo stare attenti ai demagoghi, dopo Bossi e Berlusconi, per tacere degli altri? Com'era la cosa del chiudere la stalla quando i buoi sono scappati? La struttura si autoprotegge e se ne fanno alfieri, anche inconsapevoli, coloro che l'abitano da sempre e per i quali costituisce l'unico orizzonte di comprensione. Non è certo attraverso la loro opera che si escogiteranno alternative. Né è probabile che queste abbiano subito successo, il che presterà nuovo fiato alle trombe dei cantori del bel tempo andato e a tutti coloro che preferiscono dormire in uno stabile decrepito piuttosto che rischiare qualche notte all'aperto mentre ne progettano uno migliore. Certo è che i vecchi strumenti, le vecchie procedure, le vecchie istituzioni si fondano su una visione dell'uomo errata, sia sul versante dell'economicismo che su quello del panrazionalismo e forse servirà anche una spallata rabbiosa per liberarsene!

sabato 14 aprile 2012

Alla corsara 3 - Forme ingombranti e cosa pubblica

Diceva Simmel, discutendo di quelli che chiamava "organi sociali", che "interessa ugualmente alla conservazione del gruppo che questi organi non si specializzino al punto da giungere ad una completa autonomia. Bisogna che si senta sempre con forza, se non altro in modo tacito, ciò che essi sono veramente, vale a dire, che essi non rappresentano in definitiva che delle astrazioni realizzate, che le interazioni individuali ne sono tutto il contenuto concreto […]. Se l’organo sviluppa eccessivamente la sua vita personale, se esso si preoccupa meno dell’interesse sociale e più del proprio, i suoi sforzi per conservarsi entreranno naturalmente in conflitto con quelli della società". Che è poi, in altre parole e qualche anno prima, la legge ferrea dell'oligarchia di Michels, della quale stanno infine iniziando a ricordarsi numerosi commentatori più o meno paludati. Peccato che il ragionamento si sia smarrito nei decenni intercorsi tra la sua formulazione e la serie di dolorosi risvegli che toccano in questo periodo alla società. E che, neanche a dirlo, quelli più smemorati - o del tutto ignoranti, seppur praticanti - siano i leader degli organi in questione. In questo caso siamo addirittura di fronte a un gioco di scatole cinesi in versione elitaria: il partito si configura come élite nei confronti del suo elettorato, ma al suo interno si incistano numerose altre élite più o meno evidenti, su su lungo la scala della dirigenza, fino a giungere a quelli che hanno letteralmente perso ogni contatto con la realtà.


Se la cosa era evidente - a chi si prendesse il disturbo di pensarci un attimo - già da mo' (come si dice a Roma), ora lo iato è talmente stridente da far presagire possibili lacerazioni più o meno dolorose. Sembra di aver a che fare con ragazzini viziati e capricciosi, soliti alla menzogna e convinti di essere molto, molto più furbi del resto del mondo; mentre una marachella, tuttavia, può essere corretta da qualche bel ceffone e solitamente non ha conseguenze gravi, in questo caso i tiri mancini sono sotto gli occhi di molti - tutti sarebbe chiedere troppo alla capacità di attenzione di molti nostri connazionali... - e incidono sulla carne viva. Ora, questo a esser proprio sinceri è uno dei segni della triste deriva che interessa il nostro gruppo sociale: esser governati per anni da buffoni, prostitute e faccendieri pare non sia stato un problema; trovarsi a essere lo zimbello dell'intera comunità internazionale neanche; dover pagare il conto lasciato da quella genìa oscena, invece, è insopportabile. Un conto che chiunque fosse men che stordito non poteva immaginare meno salato di quello che sta arrivando. E lo zelo rinnovato verso gli evasori, che sta stingendo sui ricchi in genere senza star troppo a sottilizzare sulle modalità dell'arricchimento stesso, può anche recare tracce di risveglio di coscienza civile, ma non è certo esente da invidia sociale e voglia di vendetta, presupposti deprimenti su cui iniziare una qualsiasi ricostruzione.


Sarebbe interessante ascoltare, tanto per cambiare, una qualche autocritica non tanto da parte dei governanti - che temo siano ormai irrecuperabili - ma da quelli che col malvivere quotidiano hanno permesso che simili nullità arrivassero ai vertici e ci restassero senza rendersi conto dei mille motivi per cui dovrebbero ritirarsi dalle scene e trascorrere gli ultimi giorni in espiazione possibilmente sofferente. Inutile prendersela col vertice quando è tutta la struttura a fondarsi su equivoci sempre più insopportabili, su scambi umanamente inaccettabili divenuti prassi quotidiana. A parte questo, tuttavia, è come sempre il caso di applicare la propria "follia controllata" à la don Juan e chiedersi se c'è un'ipotesi di rimedio. A costo di parere inattuale (costo che d'altronde sono abituato a pagare :) direi che la strada maestra passa per la drastica limitazione della possibilità per chiunque di vivere un'intera vita nella politica, perdendo così di vista il carattere di servizio dell'incarico e dell'attività. Due mandati al massimo e una scadenza temporale da contratto a tempo determinato per chi si occupa, in queste organizzazioni, dell'amministrazione. E già che ci sono dirò di più: alla faccia dell'iperspecializzazione, sarebbe il caso che ogni mestiere prevedesse anni sabbatici e interruzioni, con fasi di apprendistato altrove per liberarsi dalle incrostazioni che qualunque forma, per quanto ancora pervasa di vita, non può non lasciare. Per dirla con Maffesoli, dovremmo pensare a un Carnevale molto più lungo e articolato, capace di contrastare la paralisi della routine e consentire partenze e ritorni entusiasmanti!